Michele Farnesi
Lo chef è il toscano Michele Farnesi, 26 anni di cui gli ultimi 3 trascorsi nella Ville Lumière, esperienze in Italia con Fulvio Siccardi e Massimo Bottura, e in Francia da Rino con Giovanni Passerini, Saturne con Sven Chartier e all’Heimat di Perre Jancou chene ha fatto il suo chef. Ora sono passati appena 9 mesi dall’apertura di Heimat “La voglia di un ristorante mio l’ho sempre avuta, è capitata un’occasione, e quando capitano vanno prese” dice. E l’occasione era quel locale d’angolo nel ventesimo lasciato da Simone Tondo:“Simone è un amico e aveva piacere che lì andassi io, è locale a cui sono affezionato”.
Da chef a imprenditore
In cucina si cresce in fretta, e in Francia ancora di più. Se da una parte, in Italia, a 30 anni ancora si abita con i propri genitori e si è appena entrati nel mondo del lavoro, da un’altra parte, dietro ai fornelli e oltre le Alpi, a 26 si diventa imprenditori. Ma non si rischia così di non confrontarsi più con da qualcuno più bravo e con più esperienza? “Devi sempre mantenere l’umiltà per imparare” dice “ma a 26 anni il passo lo puoi fare perché hai fatto già tanto in cucina, lavori da una decina di anni, quello che veramente ti manca è la parte gestionale, amministrativa e burocratica. Quella diHeimat è stata la prima cucina gestita come chef, e se oggi posso fare un’apertura tutta mia lo devo a quell’esperienza” e aggiunge “faremo cazzate di sicuro ma è giusto farle, devo sbagliare con la mia testa e le mie idee”. Lo stesso percorso di altri, a partire dal veterano Giovani Passerini. Ma c’è davvero bisogno di andare in Francia per fare questo percorso? “Siamo un po’ obbligati a scappare dall’Italia. E qui puoi fare un cambiamento importante. Tutti noi siamo venuti per imparare. Ma qui si impara velocemente: i livello è talmente alto che la crescita è pazzesca. C’è una cultura enorme, diffusa a ogni livello. Dall’operaio al medico la conoscenza e la sensibilità sulla cucina e sul cibo sono incredibili. Chiaro che poi vuoi andare avanti. E qui puoi farlo”. E il vecchio locale di Simone Tondo – che è ancora alla ricerca di un’altra sistemazione, qui la nostra intervista- è stato provvidenziale.
Da Roseval a Dilia
Il passaggio di consegne segue un filo rosso e introduce una formula che supera le inevitabili difficoltà che si incontrano nell’avvio una attività, quelle economiche. “Le banche non si fidano molto a dare un prestito a qualcuno che non ha una storia come imprenditore. Con Simone abbiamo trovato un accordo, ed è successo perché siamo amici. Col mio lavoro nei prossimi anni rientro del fondo di commercio che ho rilevato, praticamente la licenza. A quel punto sarò più appetibile per la banca, perché avrò bisogno di somme minori, e avrò già uno storico come imprenditore”. E non è la prima volta che sentiamo parlare di modi di avviare una impresa così snelli e informali: “Qui vengono usati spesso perché permettono a giovani o a chi che non ha una grossa base economica di iniziare. Pierre Jancout per Heimat aveva fatto una formula simile”. E allora bye bye Roseval, benvenuto Dilia, nome che deriva da Dino e Ilia, i nonni di Michele. “Sono loro che mi hanno permesso di iniziare questa avventura” dice.
Come sarà Dilia
Continuità con Roseval? Di certo gli ambienti e l’atmosfera: “Siamo due giovani e due giovani italiani” non solo: “abbiamo uno spirito simile: siamo chiacchieroni, per niente impalati. Insomma, siamo due rock and roll. Il cambio non sarà drastico, la sua clientela potrebbe trovarsi molto bene anche da noi. Ma la maniera di cucinare è diversa”.Dice. Ma se gli chiedi di spiegarla la risposta è: “Devi provare”. Di sicuro ci sarà il degustazione, anche per necessità: gli spazi sono ridotti (“la cucina ha tre frigoriferi minuscoli” dice) e la forza lavoro anche. Tre persone: due in cucina e uno in sala. “Non posso proprio avere una carta ampia. Il degustazione fisso ti permette di ottimizzare spazi e risorse e avere un risultato migliore per il cliente”. Passaggio obbligato, dunque, come potrebbe esserci, in futuro, il cambio di rotta: “Se tutto va bene vorrei tirare giù il muro e allargare la cucina. Allora potrei mettere la carta. Ma ora non è il momento”e non solo per una questione di spazi. Pensando all’amico Passerini, che ha lasciato la formula della bistronomia, dice“Giovanni ha più esperienza, è uno chef da molti anni, e in più lui si può permettere la carta perché è già Giovanni Passerini”.
Degustazione, menu bar e formula pranzo
Quindi menu piccolo a 4 portate i piccoli assaggi a 44 euro, due piatti da scegliere alla carta o aggiungere nel menu. E poi il bar all’ingresso, dove scegliere qualche piatto dal menu della sala. Una entrée, una pasta (a scelta tra 60, 90 o 120 grammi), formaggi e dessert. Sarà possibile mangiare anche solo un piatto e un bicchiere: “non posso servire solo da bere. E poi vorrei far vivere quel bancone che mi piace molto”. A pranzo formula semplice: una entrée, la scelta di una pasta e una portata principale (sia di carne, sia di pesce) a 16 euro, con il dessert 19,50. La cantina racconta il percorso professionale di Michele: Italia Francia: 10 bianchi francesi e 10 italiani altrettanto per i rossi, più qualche Champagne. Cosa aspettarsi? “Posso solo dire che è un cibo gourmand” dice “spesso si perde di vista il piacere del mangiare, la gourmandise, come dicono qui, per inseguire la tecnica, che però non basta. In cucina ci vuole amore”.
Dilia | Francia | Parigi | 1, Rue d’Eupatoria | tel. +33.9.53562414 | www.dilia.fr
a cura di Antonella De Santis